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Aldo corre sempre!

Intervista ad Aldo Garrisi, pilota dal ’69, oggi, a 76 anni, sfreccia in pista sui Prototipi.

Si sa che, in amore, l’età non conta, … così è la passione per le corse del leccese Aldo Garrisi, inarrestabile!


“Pattini, tennis, bicicletta… correvo dappertutto… ma quando ebbi il volante in mano, capii che era diverso dagli altri. Avevo 14 anni. La scuderia Salento promosse una manifestazione in piazza Libertini, era il 19 marzo 1961, realizzò un circuito per i primi go kart e abbinò i piloti Gigi Tommasi (che era giovanissimo), Anguilla, Poloni, Marazia, Massari, Dell’Anna, Libertini, Petrachi, a dei ragazzini, tra cui io, invitato da mio padre Dino che faceva parte della scuderia e che era il copilota di Massari. E quel ragazzino che pesava niente fece il miglior tempo”.




“Con la macchina hai chiuso. Se hai coraggio…vai a correre in pista!”

Avevo sedici anni, mentre papà dormiva presi le chiavi della ‘500 e me ne andai in giro. A dire il vero me l’aveva lasciata guidare qualche volta su strada, quella volta però agii di nascosto. Salii su un marciapiede e portai via tutta la fiancata della ‘500. Mio padre la fece riparare e poi a tavola disse: ‘Ora con la macchina hai chiuso, fino a quando non avrai 18 anni”. Io mi alzai da tavola arrabbiato, e mentre uscivo dalla porta della cucina mi chiamò: “senti, visto che ti piace tanto correre quando arrivi a 18 prendi la licenza di pilota, dimostra di avere coraggio e vai a correre in pista”. Quella fu la svolta della mia vita.

In quel momento papà mi salvò, perché io da quel momento ho iniziato ad essere prudentissimo sulla strada e, una volta presa la patente a 18 anni, dovetti aspettare un anno per prendere la prima licenza, nel 1969.

“I love Napoli”

Le prime due gare sono state in salita, sulla Fasano Selva e ad Ostuni, con la stessa ‘500 con cui facevo Lecce-Napoli -dove studiavo Ingegneria- e ritorno, si correva per puro divertimento e per il piacere di stare con gli amici primo tra tutti Gigi Tommasi, è stato lui ad instradarmi nella dinamica delle corse, per me è stato un grandissimo pilota, un uomo eccezionale, il mio riferimento. Mi diceva: “che cavolo ti allarghi con la ‘500 in salita, non vedi che stai fermo?”


La scommessa con il cono gelato

Con Gigi ho corso una gara in salita, a Monopoli, con la 1000 Abarth sport prototipo, lui mi iscrisse con una Abarth 850 e, nella stessa categoria, su stessa macchina, c’era Carlo Marazia, che in prova la sera, disse: “ragazzino, io domani salgo con una sola mano e ti dò 15 secondi” - e gli altri replicarono, tra cui Walter Poloni, a bordo di una performante GTA Angelini: “dai, come si fa a vedere che corri davvero con una mano?” La salita di Monopoli si copriva in due minuti e qualcosa e Marazia lanciò la sfida: “domani ve lo dimostro. Io mi compro un gelato e...vedrete”. Avevamo scommesso una pizza. Il giorno seguente Marazia partì davanti a me e fece tutta la gara con il gelato in una mano e il volante nell'altra … mi dette ‘solo’ 12 secondi e, quindi, alla fine la pizza la vinsi io.



“La macchina da corsa si indossa”

Rispetto a mio padre preferisco l’automobilismo in pista perché era diverso, ho corso un paio di rally, giusto per divertimento, però la velocità per me è qualcosa di più.

"La macchina da corsa si indossa" ...specialmente se è una formula o un prototipo, diventa un indumento, in cui ti senti compresso e, una volta che ti ci sei seduto, ti senti tutt’uno con la macchina, i tuoi arti diventano una propaggine del cervello e tutt’uno con il ferro. Conosco quella sensazione, il poter girare, giro dopo giro e poter mettere la ruota nello stesso punto e frenare sempre più in là: l’uomo e il mezzo diventano una creatura unica. Tu hai le tue capacità e il comando ma lei ti risponde, se tu superi il limite o vai oltre ti ritrovi a fare un dritto o un testa coda, come l’ultima a Bari, dove non correvo da 26 anni e dove effettivamente sono entrato un pò alla garibaldina. Non c’è nessuna macchina, non c’è Ferrari, Lamborghini, che ti dà la sensazione del prototipo. Il seggiolino di una macchina da corsa di questo genere non è ancorato come le nostre macchine, è quasi libero, si fissa quando entra il pilota; quanto più stringi tanto più sei la macchina, avere quel volante lì davanti e vedere che tutto scorre e quanto tu sei capace di andare oltre, pura emozione... senza farsi male ovviamente.


Quanto pesa la paura quando si guida? Pesa tantissimo perché con la paura non ti fai male, può anche non arrivare il risultato, ma tu ti sei divertito, non siamo dei professionisti, diciamoci la verità, e quindi nel momento in cui tu hai quella giusta dose di paura, che anche se non senti è comunque lì, latente, fa parte della tua intelligenza e della tua sensibilità di uomo. Mia madre, quando capiva che mi stavo preparando per fare qualche garetta, diceva “Stai andando a fare qualche gara?” Rispondevo: “No mamma, sto uscendo con Gigi”, che era di casa. E lei: “Sì, ho capito, stai andando a fare una gara, però … per favore, Aldo…non correre!” Ecco la paura, la raccomandazione della mamma, apparentemente assurda, lasciava invece un messaggio ed un monito, che suona come campanellino d’allarme sempre.


Tra rituale e scaramanzia, l’evoluzione della sicurezza

Il momento in cui indossi la tuta, la ‘vestizione’ che ‘trasforma’ la persona normale in pilota è come un rituale. Se sono scaramantico? Beh, sia sulle sport prototipo che sulle formule io salgo sempre da sinistra a destra. Quel momento in cui mi siedo, pronto a mettermi in gioco, soprattutto con me stesso, è un’emozione che si ripete come un rituale. Sull’abbigliamento e sui sistemi di protezione c’è stata un’evoluzione incredibile e mi sono ritrovato più volte con la tuta scaduta, i guanti scaduti, lo stesso collare Hans. La sicurezza è cambiata, se si pensa ad anni fa quando, per l’allestimento di una ‘850 in autodromo, le uniche prescrizioni previste per correre in gruppo 1 erano "cerottare" i fari, togliere i paraurti e la cintura, non c’era neanche il roll bar. Oggi c’è stata un’evoluzione straordinaria, come si può notare anche nella Formula 1.




Il gioco delle regolazioni

L’altro aspetto che non ti consentono le macchine da turismo ma le Formule, le monoposto e le sport prototipo, è una serie di regolazioni, e il divertimento quindi non sta soltanto nel guidare la macchina ma anche nel sistemarla in funzione del circuito ed di quello che tu senti. Ad esempio, se io voglio un inserimento più immediato in una curva, farò aprire il camber, l’angolo di campanatura lo faccio leggermente aperto, se voglio una velocità maggiore sul rettilineo, le ruote di dietro le metto in senso interno, perché nel momento in cui arriva la velocità si raddrizzano, per inerzia. Regolare l’alettone, le molle, la barra stabilizzatrice, che negli autodromi stretti stacchi del tutto per renderla più morbida, ti consentono di portare la macchina quanto più vicino al tuo stile di guida.


Quando il motore parla…

Il motore è musica, con la musica tu riesci anche a non guardare il contagiri, ti sta musicando e ti sta dicendo: “Aldo, qui non ce la faccio più…per favore…cambiaaaaa!”.

“non ce la sta fazzu chiui, per favore cangia”

In pole position con il motorino di Gigi

Ero alle prove di qualificazione all’Autodromo del Levante, su Alfa Boxer insieme ai prototipo, ai meccanici di Gigi che mi seguivano, dissi “se non scendo sotto i 50 non mi mostrate la tabella di segnalazione del tempo”, Faccio il primo giro, il secondo, niente tabella, eppure sentivo di andare forte...ti rendi conto quando vai forte, le gomme stavano bene, quarto giro, quinto, nulla, poi, alla curva Bari 2, dove ci si appoggia sul cordolo con le due ruote per tenere e il mezzo ti aiuta ad uscire più veloce, sono uscito talmente veloce che la macchina è spanciata, e uno e due e tre.. e ‘boom’, sul muretto. Mi portarono in infermeria, arrivò Renzo Zorzi, l’ex pilota di Formula 1, per sincerarsi sul mio stato: “Tutto a posto? Tu hai premuto il freno?” Risposi: “certo che ho premuto il freno”. “Ma non hai premuto la frizione”- ribattè. Lì per lì non ci ho pensato, e ho detto, “no, solo il freno”. “Se premevi la frizione, la macchina girava su se stessa e tu non andavi a sbattere al muro”. Eh…l’esperienza. E mentre ero lì, arriva la comunicazione “Pole position per il numero 28 Aldo Garrisi”. Era l’unica volta in vita mia che avevo fatto una pole. I meccanici avevano dimenticato la tabella nel furgone, il tempo di andarla a prendere ed io avevo distrutto la macchina. La domenica mi presentai scherzosamente sulla linea della pole position con il motorino di Gigi. Mi cacciarono e mi volevano fare la multa. Ma quello era puro divertimento, nonostante la botta.


“Alla fine la targa Orsini la vinsi io”

Voluta da Angelo Sticchi Damiani nei primi anni ’90 all’autodromo del Levante, la Targa Guglielmo Grassi Orsini era riservata al primo pilota salentino classificato. Io correvo con la monoposto Alfa Boxer e nella stessa categoria c’era anche Gigi con la Formula Renault ex Prost, in prova realizzai un tempo migliore di quello Gigi, e quindi in griglia partivo davanti a lui, ma nessuno poteva permettere che qualcuno stesse davanti a Gigi, il più grande pilota di Puglia. Partimmo allo start, Gigi la tentò tutta ed alla prima staccata me lo ritrovai accanto, io tenni l’interno e lui andò oltre e me lo trovai davanti in testa coda, io riuscii a sfilare, dodici giri di battaglia con lui nello specchietto ma, alla fine, la targa Orsini la vinsi io.



“E chi si ferma!”

“Babbo sei incredibile!” mi ha detto un giorno mia figlia Angelica che vive a Bruxelles nel segnalarmi un’intervista che aveva visto. Mi veniva chiesto, appena seduto in macchina a Binetto, lo scorso novembre, se mi avrebbero visto ancora correre in futuro? “Sì, non mi fermo” era stata ovviamente la mia risposta secca. Le mie figlie hanno commentato “papà, ci hai insegnato un sacco di cose, ma quello che stai facendo oggi, con la tua determinazione a continuare, alla tua età, ci sta dimostrando che anche nella vita e non solo nelle corse non ti devi fermare mai”. Lo sport è educativo, è potente, tempra, allontana da tante cose negative. Piuttosto io sto pensando che a 80 anni ACI Sport non mi darà più la licenza. Ma magari potrei prenderla nel Principato di Monaco, chissà… e con l’aiuto di qualche sponsor, mi auguro di continuare a correre ancora per diversi anni.

Perché gli sponsor dovrebbero investire?

Nel mio caso, perché comunque faccio notizia. Ho staccato la prima licenza nel ‘69 ed oggi eccomi ancora qui, il 4 giugno 2022 correrò all’autodromo di Napoli, e già questa, al di là dei risultati, credo sia una notizia.



Guardando al futuro, i nuovi talenti…

Tra le nuove promesse del motorsport, mi colpiscono la giovanissima Sara Carra, Giorgio Liguori, Niccolò Pezzuto, ed ho visto con interesse la prestazione di Donato Argese a Torricella. Nello scorso marzo, con la macchina che guido solitamente io, è stato molto bravo, nel tratto misto è riuscito a girare benissimo. Inoltre è una persona che si diverte ed ironizza, mi piace anche il suo spirito.

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